Vino & Altre Storie

Luciano Bandini: il mio vino perfetto

Written by Piero Pardini

Credits: Luciano Bandini Enologo

L’obiettivo primario di un enologo è di riuscire a donare al titolare dell’azienda vitivinicola e, quindi, anche al consumatore finale, il “vino perfetto”, valorizzando e ottimizzando al meglio il frutto degli dei: le uve.
Il vino “perfetto” esiste veramente? Qualcuno ha definito il vino perfetto quello che incontra i favori dei produttori, altri quello dei consumatori. C’è chi, inoltre, sostiene che il vino perfetto è quello privo di difetti, eppure sappiamo che, talvolta, una piccola imperfezione può trasformarsi in un valore aggiunto, un esempio su tutti i vini “brettati”, amati e odiati, allo stesso tempo.
Aggiungendo un nuovo capitolo alla rubrica, che dà voce agli enologi, ci rivolgiamo alla fonte più autorevole per comprendere se il vino perfetto esiste e in che misura.

© Luciano Bandini Enologo

Chi, meglio di un enologo può conoscere la fatica e le molteplici variabili che riguardano la produzione del vino dalla vigna all’imbottigliamento. Eppure, spesso, i giudizi più spietati sul vino arrivano da chi degusta solo il prodotto finale senza aver assistito all’intero percorso produttivo. Per questo, solo un enologo può, realmente, sapere se esiste il vino perfetto e quando lo stesso può definirsi tale, secondo la sua esperienza.

La perfezione non esiste, e se esistesse sarebbe terribilmente noiosa.
Il vino è una bevanda soggetta a molte variabili (di annata, di luogo, di condizioni meteo, di vitigno), destinata a soddisfare i piaceri di persone con gusti diversi ed in situazioni ed obbiettivi differenti.
Perciò, al massimo, possiamo trovare un vino perfetto per quella persona e per quella determinata occasione.
Per quanto mi riguarda, il vino perfetto è quello che nasce da una attento studio di tutte le condizioni in cui cresce l’uva, e di tutte trasformazioni che avvengono in cantina. Quando un vino è esente da difetti ed esprime caratteri di equilibrio, armonia ed intensità aromatica, fedele alle caratteristiche del vitigno e del territorio, siamo già ad un buon livello di perfezione.

Luciano Bandini: Professione enologo

© Luciano Bandini Winemaker

C’è un difetto che teme particolarmente?
Più di uno. Ovviamente, quelli che mi fanno più paura sono quelli che si tolgono più difficilmente come, ad esempio, l’ossidazione, le amine biogene, e l’etilfenolo. Non parlo dell’acescenza perché significherebbe aver molto trascurato il vino…

Quali sono le operazioni, o le strategie, che mette in atto per evitare che tale problema possa presentarsi?
Innanzitutto,, dobbiamo avere un’uva perfettamente sana, altrimenti è tutto più difficile e più probabile che dobbiamo fare ricorso a correzioni. In cantina i difetti principalmente hanno due origini, chimico-fisica e biologica. La prima si risolve facendo molta attenzione alla gestione dell’ossigeno. Quindi, attenzione ai travasi, colmature e utilizzo di antiossidanti o microssigenazione. Con molto ossigeno si ha ossidazione, con poco ossigeno riduzione. I problemi di origine biologica si risolvono facendo molta attenzione alla pulizia e sterilizzazione della cantina.

Luciano Bandini: Professione enologo

© Luciano Bandini Winemaker

Un suo pensiero sui vini “brettati”: difettati a prescindere oppure un’esperienza interessante comunque?

A meno che a qualcuno non piaccia l’odore di cavallo o di inchiostro, o di cerotto band-aid che usavamo molti anni fa, l’etilfenolo e l’etilguaiacolo sono difetti.
Si è iniziato a considerarli dei difetti quando si è scoperto l’origine della loro formazione, più o meno 30 anni fa. Fino a quel momento erano considerati il “terroir” dei vini di Bordeaux.
L’enologia e la viticoltura fanno progressi, cambiano come cambiano i gusti delle persone, e se possiamo andiamo a scegliere ciò che ci piace di più.
Per questo, una volta che si è capito come gestire il Brettanomyces, che è il produttore di etilfenolo, si sono preferiti vini più fruttati, speziati, floreali, facendo diventare difetto quello che una volta era il “terroir”.
Ma l’etilfenolo, come tutte le componenti aromatiche, ha una soglia di percezione e, in determinati casi, se contenuto in quantità minime, potrebbe anche avere una funzione positiva sull’aroma, rendendolo più variegato e complesso.

About the author

Piero Pardini

Founder and editor of "The Wolf Post", Italian based International digital wine platform.
Freelance Journalist.
Wine critic and Sommelier.
He has also written about sports and technology for some specialized magazines.
Co-author of the authorized biography "Gianni Clerici - The writer, the poet the journalist", Le Lettere, Firenze.

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